In questo periodo dell'anno, buio e misterioso, mentre i cieli di novembre si fanno sempre più nebbiosi, le zucche e i gatti i neri hanno circolato parecchio, si fanno avanti alla radio, dopo 5 anni di assenza, gli Evanescence con un nuovo disco omonimo annunciato fin da giugno di quest'anno. E' un disco omonimo, che ripropone le tipiche sonorità di questa band new-gothic dell'Arkansas.
Il primo singolo è 'What you want', che personalmente trovo piuttosto debole rispetto alle grandi prime hit del passato come 'Bring me to life' e 'Going under'. Ovviamente non intendo debole da un punto di vista sonoro, la carica e la potenza che esprimono le canzoni degli Evanescence sono sempre massime, ma trovo che la canzone in sè sia meno cantabile e 'ricordabile' delle precedenti citate.
Un disco estremamente energetico, dove si alternano momenti puramente 'evanescenti' come 'My heart is broken', 'Made of stone' e 'Oceans' a tipiche ballate come 'Lost in paradise', dove la voce di Amy Lee sovrasta il solito clamore della musica supersonica della band.
Se penso all'effetto bomba che questa band aveva suscitato con il primo album, mi sento leggermente all'asciutto di sorprese, tuttavia, probabilmente il marchio di fabbrica di questa band ha nella potenza vocale di Amy e nei power chords delle chitarre la sua piena realizzazione. Un disco che, come una squadra vincente, non ha voluto cambiare i propri addendi e che, per questo, rischia di diventare un po' autoreferenziale. Ma di certo i fans più accaniti si trovano perfettamente soddisfatti dal risultato di 5 anni di fatiche.
Intanto nelle serate di questo pieno novembre, lascio suonare questo disco nella mia macchina e immagino le distese dell'Arkansas squarciate dalle corde vocali tiratissime di Amy Lee e mi figuro gotiche immagini di loschi individui, castelli dalle porte cigolanti abbarbicati su colline in lontananza, mentre imperversa un pittoresco temporale di fulmini e saette.
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