Ogni tanto riaffiora il ricordo di Chernobyl, ogni tanto penso a quei prati verdi dell'Ucraina, che sconfinano negli stessi prati verdi della Bielorussia. Penso a quelle piatte distese di un verde gemello del giallo e penso alla gente che viveva nella cittadina di Pripjat, costruita dall'entusiastico governo socialista poco lontano dalla centrale nucleare di Chernobyl, per dare alloggio a coloro che vivevano grazie alla costruzione e al funzionamento di quell'impianto. Ma poi penso al cemento malato della Bielorussia. Penso a quella ferita inguaribile, quella cicatrice che ha sfigurato l'intero blocco comunista e ha ucciso, sterminato e triturato la vita campestre e la vita comune di centinaia di migliaia di persone.
Ogni tanto penso ad uno dei libri più toccanti che abbia mai posseduto, grazie ad un prezioso regalo. Un libro che ho divorato e letto o, come in questo caso, sfogliato con una foga e una morbosità, tipiche dell'animo umano e che mi ha riportato indietro nel tempo, nella memoria di un mondo perduto e di un momento della mia vita, che più o meno volontariamente, ha condizionato decisioni e stati d'animo dei miei anni di adolescente e oltre.
Vorrei consigliarvi di acquistare 'Confessioni di un reporter' di Igor Kostin, sempre che abbiate il fegato di guardare delle fotografie davvero forti, distruttive, aberranti.
Vorrei parlarvi di questo primo fotoreporter, nato in Romania nel 1936, ma di origine russe, che per primo ha documentato l'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl del 1986, il primo che ha visto con i suoi occhi l'inferno nucleare sulla terra, a quel tempo sovietica e le cui pellicole si bruciavano per via dell'estrema esposizione alla radiazione.
Quest'uomo fu l'unico uomo al mondo autorizzato a recarsi sul posto, oltre ai volontari che prestarono soccorso per estinguere il fuoco al reattore n. 4 per interi giorni, per riprendere i momenti cruciali di quell'inverosimile giorno.
Kostin era, a quel tempo, uno dei fotografi dell'agenzia Novosti di Kiev in Ucraina e la sua documentazione fotografica aveva avuto il potere di innescare un terrore di portata mondiale, riprendendo l'incidente in tutta la sua estensione. Il governo sovietico, tuttavia, decise di limitare e censurare per anni, cioè quasi fino al collasso dell'Urss nel 1991, l'informazione visiva e anche quella cartacea riguardante l'incidente. Basti pensare che solo tre giorni dopo, la notizia trapelò quasi furtivamente in tutta l'Europa.
Grazie a Igor Kostin, al suo coraggio, alla sua arte fotografica, al suo coraggio oggi si possono visionare attraverso questo triste, incredibile, dannato libro fotografico, le immagini di quei giorni.
Preparate le viscere, le budella, le lacrime e la rabbia, lo stupore dei vostri animi prima di aprire questo libro.
Io personalmente, l'ho divorato in un giorno e nonostante mi riprometta spesso di risfogliarlo, prima o poi, non ci sono ancora riuscita. E' come se da esso riaffiorasse quel terrore, quella psicosi, quella inspiegabile, trasparente contaminazione dell'infetta radiazione.
Per stomaci forti e per veri appassionati di questo tristissimo caso.
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