MATRIOSKla

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mercoledì 22 gennaio 2014

Questa notte mi ha aperto gli occhi - J. Coe

Ma cos'ha Jonathan Coe che non va? O, meglio, che cos'ha che va? Due domande apparentemente diverse, ma che in verità si completano. Quello che va è che scrive molto bene e che racconta storie contemporanee, riuscendo a farti sempre stare dalla parte del protagonista, sebbene questi a volte possa risultare anche il solito eroe perdente. Il mondo dei personaggi creati da Coe, infatti, è il mondo del loser. Dati i nostri tempi, fin qui, ci può stare tutto: l'antieroe, la società britannica calpestatrice e crudele, l'odio della vita metropolitana ecc. Ma talvolta mi chiedo dove vada Coe a pescare certe idee, in quale parte del suo cervello risieda la sua facoltà di creare fiction. Una finzione cioè, che a volte è troppo finta, come in questo libro. Ecco quello che non va.
Questo libro sembra un diario, perchè racconta una storia personale guardando a ritroso e lo fa in prima persona. Ma, già dalle prime pagine, accade qualcosa che sembra ricordare un thriller. Il personaggio principale assiste ad un omicidio e per il resto del tempo siamo sballottati tra continui flashback e paturnie esistenziali di un musicista, l'eroe, che non riesce a sfondare. Il tutto si risolve in un rocambolesco finale, che più che altro sembra la fantasia lisergica di un estimatore della musica prog degli anni 70. Si scopre, infatti che, l'assassino è...no ok, non lo dico. Ma il tutto somiglia davvero alla copertina di un disco dei Jethro Tull o simili. Insomma, di un'assurdità visionaria, che non mi porta nè verso il piacere del romanzo, nè verso la suspance del thriller. Non c'è introspezione psicologica e una buona fluidità temporale. Ma c'è una cosa Mr Coe, che mi piace davvero... Una cosa, o meglio, una città che si chiama Londra, che è il fulcro di tutto. E' lei, la musicista attraverso gli incipit delle canzoni degli Smiths citati ad ogni apertura di capitolo. E' lei, l'antagonista dell'eroe: fredda, sudicia, sciatta e indifferente. E' lei l'assassina dei sogni di ogni inglese, gallese o scozzese. E' una Londra con i denti aguzzi, ogni tanto compare e graffia, ogni tanto sbuca dal buio e uccide, quasi sempre rimane lì sullo sfondo, umida e semovente, come l'inquieto Tamigi e ruggisce, scolora, turbina intorno alla gente, la schiaccia come un tombino sull'asfalto e poi torna ad essere la splendente Londra. Quella che ti apre gli occhi una notte e ti fa capire chi devi diventare, se un avanzo della società o un musicista che ha recuperato il tempo perduto a fissare fuori dalla finestra, quando aveva 15 anni e che finalmente riuscirà a scrivere la sua canzone.

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