MATRIOSKla

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mercoledì 16 maggio 2012

Buon compleanno Gaby!


Come ogni anno mi ricordo di questo giorno speciale. Oggi è il compleanno del mio grande idolo sportivo dell'adolescenza, Gabriela Sabatini. Gaby compie ben 42 anni, ma nella mia mente è ancora quella scura e tenace, elegante e sensibile tennista che vidi per la prima volta quando aveva appena 18 anni ed era così come la foto accanto: acerba, giovane, introversa, poco sorridente, ma con un grandissimo stile in campo.

Ad oggi si sa molto poco qui in Europa di lei, o meglio, si vede poco. Se non in rari casi in cui appare ancora in qualche manifestazione tennistica o sportiva come Roma, Parigi e il Tour de France. Da quello che ho trovato in rete, si sa che dedica la sua vita all'azienda immobiliare di famiglia, gira il mondo perchè ama viaggiare e si gode tranquillamente la sua vita di grande ex-celebrità del tennis e, ora, di più amata campionessa dello sport argentino della storia, nel suo paese. Ogni tanto mette ancora in mostra le sue avvenenze e di certo il suo aspetto è molto maturato e più femminile. Altro della sua vita privata non si sa. Niente gossip o pettegolezzi. Come era allora è adesso: riservata e misteriosa. Forse anche in quello stava il suo fascino quando scendeva in campo. Auguri di buon compleanno Gaby! 

venerdì 11 maggio 2012

Una festa hawaiana chiamata Luau

C'è una festa a cui vorrei partecipare prima o poi nella vita. Si chiama lu'au ed è una festa hawaiiana nella quale confluiscono il momento conviviale della consumazione di un pasto a base di cibo locale e l'intrattenimento caratterizzato da musica e danze, in particolare l'hula.
Ovviamente, nel tempo, questa tradizionale festa è diventata un'attrazione turistica e una tappa imperdibile durante la visita alle isole Hawaii, ma questo ha anche contribuito a cambiarne un po' le forme di espressione e lo spirito. Le tipiche collane lei e il bicchiere con tanto di ombrellino di Maitai sono, infatti, degli annessi accessori importati più dallo stereotipo e dall'immaginario collettivo, che non dal puro stile della festa. 
Il significato vero di questa festa arriva dalla storia secondo la quale nelle antiche isole Hawaii le donne non erano ammesse a consumare il cibo insieme agli uomini, per seguire alcune credenze religiose. Le donne non potevano nemmeno cibarsi di alcune particolari prelibatezze. Tutto questo ebbe fine quando il Re Kamehameha II nel 1819 abolì queste usanze religiose ponendo fine ad ogni tabù , mangiando egli stesso in compagnia di donne. Quel momento segnò la nascita del luau. Il piatto che per eccellenza si consumava durante queste feste diede il nome alla festa stessa, il luau infatti era una pietanza a base di tenere foglie di taro e pollo arrostito in latte di cocco. La principale attrattiva della festa in versione moderna è la cottura del maiale sotto la sabbia.
Di solito l'antica tradizione prevedeva di mangiare seduti per terra su stuoie e che il cibo venisse posato su lunghe e ben pulite foglie di taro. Ad oggi, si può assistere alla festa del luau su qualsiasi isola delle principali, ma pare che la più tradizionale, la meno affollata e meglio recensita festa si trovi sull'isola di Maui.

giovedì 3 maggio 2012

Surf photography

La surf photography è stata fin dalla metà degli anni 60 piuttosto una versione fantastica dello sport del surf che non un mezzo documentaristico. 'Le immagini creano dei desideri', scrisse il giornalista californiano di surf Steve Barilotti nel 1997, 'sono il carburante per i nostri viaggi, ci ispirano, ci solleticano e ci trasportano mentalmente e spiritualmente fuori dalla nostra esistenza diligente e terrena'.
Infatti, dico io, forse è stato proprio grazie alle spettacolari immagini che vidi sulle varie riviste di surf qualche anno fa che mi sentii affascinata dall'esotica spettacolarità degli uomini 'con la tavola'.
La surf photography è un'arte e una pratica che si perdono nel lontano 19esimo secolo, quando per la prima volta fotografie e surf divennero una sola cosa, nella famosa spiaggia di Waikiki alle Hawaii. 
Ma tale genere fotografico fu ufficialmente inventato durante la depressione americana da John 'Doc' Ball. Black, surfista e costruttore di tavole da surf del Wisconsin, passò la sua giovinezza alle Hawaii e costruì la sua prima scatola di legno pesante quasi venti chili per la sua macchina fotografica Graflex nel 1929. Da allora cominciò a scattare foto direttamente dall'acqua. Ad oggi, il progresso della surf photography consiste nel riuscire ad avvicinarsi quanto più possibile all'azione del surfista. Alcuni grandi fotografi di questo genere, a partire dalla metà degli anni '70 si sono inventati modi e mezzi per poter piazzare i loro occhi meccanici all'ingresso dei tubi creati dalle onde o addirittura mentre loro stessi si trovano dentro il tubo, o la cosiddetta camera verde. Non solo questo tipo di fotografia è arte, ma per certi versi la si può considerare anche uno sport, poichè occorrono un'ottima forma atletica, un gran senso del tempo nello stare in mezzo alle onde, molta pazienza e 'senso del surf'. Ovviamente, tale pratica comporta anche un certo pericolo, dato che mentre i fotografi scattano devono prestare attenzione anche al surfista in arrivo, al tubo d'acqua che li sovrasterà alla tavola da surf che passerà quasi sopra la loro testa e in molti casi anche al basso fondale corallino sotto di loro. 
Le foto talvolta vengono scattate dall'elicottero, da sott'acqua o da macchine fotografiche collocate sulla tavola. 
I soggetti tipici degli scatti sono il perfetto profilo illuminato dall'onda, di solito tropicale, il più delle volte vuoto, ma soprattutto decorato dall'azione surf catturata nel momento di maggiore spettacolarità.
Non riesco a concepire il surf senza la fotografia e dunque senza il viaggio. Questa triade è inscindibile e costituisce tutta l'aurea di esotismo, esoterismo e estremismo che tutti gli elementi combinati insieme producono.
Il mio fotografo preferito di surf è sicuramente uno dei grandi miti di quest'arte: Jeff Divine, di cui ho postato alcune foto per dare un'idea della meraviglia di cui il surf si decora.

mercoledì 2 maggio 2012

Haruki Murakami - Pinball 1973

Sono sempre troppo di parte, lo so. Ma non riesco a resistere alla prosa completamente sciolta, senza confini, senza forma, senza dimensioni, senza regole di questo autore. Quindi 'Pinball 1973', che è forse l'epitome della sregolatezza creativa, insieme a 'Hear the wind sing', non poteva che piacermi.
No, non è una lettura semplice. Ma non perchè sia un mattone, o sia sommerso da parole. Al contrario, perchè la sua scarna illogicità rende tortuosa la comprensione. Nel momento in cui credo di riuscire a seguire un discorso, Murakami lo fa scomparire nei meandri del suo tipico 'Bogu', cioè 'Io' narrante. L'uomo che è ipnotizzato da un flipper, che diventa la sua ossessione è anche quell'uomo che lavora tranquillamente in proprio traducendo dall'inglese montagne di carta e che annega i suoi pensieri sconnessi in fiumi di birra, ai confini mentali di un bar. Il Ratto, che costituisce il minimo di comune denominatore della trilogia ('Hear the wind sing',  'Pinball 1973', 'Nel segno della pecora') è una presenza ignota, 'ubriaca', un relitto della coscienza di 'Bogu'? Chissà...E chi sono le gemelle senza nome, che convivono nello stesso letto di 'Bogu'? Non importa...I perchè delle risposte sono vaghi, le riflessioni emotive di 'Bogu' sono tutto ciò che conta, siano esse fantasie o realtà. Per lo più sono alienanti.
Questo breve romanzo è l'apice dell'assurdo di Murakami, forse fin troppo esasperato per una lettura popolare, quale ormai è diventata quella del Murakami contemporaneo. Mi chiedo se lo stile distaccato di un autore visionario e se le atmosfere surreali create attraverso un protagonista apatico e introspettivo come quello di 'Pinball 1973', possa trovare seguito e concorrere con l'aberrante ripetizione della narrativa moderna, che celebra l'ovvietà e l'iper realismo dei nostri giorni. D'altronde non mi importa molto...farò come 'Bogu', al massimo mi prenderò una birra per pensarci su.
Pubblicato nel 1980 in Giappone, secondo romanzo di Murakami, ad oggi si trova solo l'edizione inglese, sempre grazie alla pubblicazione della casa editrice Kodansha.