MATRIOSKla

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martedì 30 ottobre 2012

Halloween é sempre Halloween

Sabato sera prima di cena mi trovavo in una delle zone piú carine di Milano, zona Garibaldi. Devo dire che il clima ancora mite e un sentore oltremodo romantico di un incipiente autunno mi hanno pervaso i sensi. L'odore dei camini, quel sapore metallico del freddo che si insinua tra i denti e che quasi bagna gli occhi, la voglia di un pasto caldo e di un té alla sera sono piccole sfumature del cambio stagionale. Quel cambio, quel punto di svolta che spesso faccio coincidere con la mia personale celebrazione di una festa poco italiana e molto straniera come Halloween.
Entrare in una pasticceria di Milano talvolta, oltre che la pancia, riempie gli occhi. Splendidi gadgets e ammennicoli vari adornano le vetrine: borsette di pannolenci, adesivi, pupazzetti sinistri e divertenti al tempo stesso, scheletri, gatti neri, fantasmini e la sorridente zucca non mancano mai. 
Ma quello che piú mi ha sorpreso passeggiando per la zona pedonale di Corso Garibaldi é che nonostante la cosiddetta crisi tutto era addobbato, quasi indifferente, a festa. Deliziosi locali con le candeline colorate di arancio, le vetrine delle gioiellerie affollate di pietre colorate verdi e viola, qualche locandina di feste a tema qui e là. Insomma, questo clima mi ha rallegrato. Io sono una che alla crisi non ci ha mai creduto. La crisi é solo quella che le grandi lobby mondiali e i subdoli media ci mettono in testa e poi ci fanno credere di avere addosso.
Se una innocua e spensierata festa di Halloween, come dice la tradizione, segna il buon auspicio per un rigoglioso futuro 'raccolto', spero che da questo giorno si ricominci. La notte delle streghe é alle porte, ma le zucche colorate hanno sempre la meglio.

lunedì 29 ottobre 2012

I segreti di Londra - C. Augias

 Prima di partire per Londra, mi trastullo nel perpetrare il solito rito delle letture attinenti al logo al tipo di viaggio. Su Londra ci saranno centinaia di libri in tutte le lingue e per tutti i gusti. Ma non so perchè, appena ho iniziato a cercarne, mi è subito venuto in mente 'I segreti di Londra' di Corrado Augias. Sarà che avevo già letto un altro grande saggio dello stesso autore che riguardava Roma e ne ero rimasta affascinata. Sia per lo stile, che per l'immensa conoscenza e comunicatività. Augias possiede un'onniscienza tale da lasciarti inchiodato alla sedia o al sofà a leggere, riga dopo riga, tutto quello che lui sa. A volte mi pare di vedere un giovane Augias che viene interrogato dal prof e che si mette lì a raccontare la lezione. Il voto che gli darei, se questo fosse vero, sarebbe eccellente. Sì perchè Augias ne sa davvero tanto di tutto. Dalla letteratura, alla storia, alla filosofia, fino all'aneddotica più elevata che mai si abbassa al gossip.
L'autore si profonde in ogni sorta di racconto e retroscena della vita passata e presente della città. Mi hanno impressionato, in particolare i retroscena delle figure romanzate di Stevenson del Dottor Jekyll e Mister Hide e quelle di Sharlock Holmes di Conan Doyle. Nel libro vengono sviscerate e denudate tutte le efferate bellezze di Londra, le sue contraddizioni, il passato cruento e l'etichetta dell'impero. Direi che il libro può essere un ottimo surrogato di tutto ciò che si studia per anni in un liceo o nella facoltà di lingue all'università. Un sunto e un ripasso dello scibile anglosassone al quale non ho saputo resistere. 

mercoledì 24 ottobre 2012

London calling

L' ultima volta che sono stata a Londra avevo 14 anni. Ora che ne ho anche piú del doppio, Londra, nella mia mente, ha tutta un'altra faccia. Se prima era una delle mete piú esotiche che avessi mai potuto esplorare, adesso mi sembra una destinazione fin troppo gettonata. Quando ero una giovane adolescente, Londra era sostanzialmente un'estesa proiezione mentale di quelle immagini stile depliant turistico, che si trovavano sui manuali di lingua inglese che si portavano a scuola: il modellino dell'autobus rosso doubledecker che mi aveva portato mio padre da uno dei suoi viaggi, le zucche di Halloween che guardavo con interrogativo stupore e questa noiosetta usanza di bere il té alle cinque del pomeriggio. Poi vennero le lezioni d'inglese private e poi vennero le ore di letteratura a scuola e infine la facoltà di lingue all'università. Insomma, per quanto riguarda la lingua inglese ero di certo una dei tanti predestinati a parlare abbastanza bene la lingua della regina. Nonostante questo, non sono mai stata una fanatica dell'Impero Britannico. In realtà, la mia passione linguistica fu completamente assorbita dal mio amore per la lingua russa e tutti i suoi sublimi derivati. Ma questa é un'altra storia.

Nonostante io abbia snobbato Londra per anni, da un po' di mesi ho risentito quello che io definisco 'la chiamata'. Ad un certo punto é come se da una sorta di cartina geografica della mente, uno dei tanti paesi di questo interessante mondo, alzasse la voce e cominciasse a chiamarmi...
Dunque in un attimo mi sono tornati vaghi ricordi, una certa malinconia per quella magnificenza inglese, dove tutto splende dei fasti del presente, trascinandosi con ineccepibile eleganza il fardello della tradizione del passato. Allora penso a cosa é per me Londra: una buia strada punteggiata di lampioni sotto i quali si nasconde la porta dell'abitazione del Dottor Jekyll e di Mister Hide, ma anche quelle struggenti note della beatlesiana 'Yesterday', la casa di Wendy, John e Michael nella favola di Peter Pan e la mia passione di ragazzina per i Duran Duran, i punk e la musica dance dei Pet Shop Boys.
Londra é cresciuta troppo per poterla ignorare ancora molto a lungo. Devo tornare a vedere che effetto mi fa dopo tanto tempo, voglio vedere se la tradizione sia stata spazzata via dal nuovo mondo globale, ma soprattutto voglio vedere se da qualche parte sta davvero nascosto l'occhio vitreo e onnipresente del Grande Fratello, se in Europa siamo davvero tutti figli di un nuovo segreto Impero dal nome bizzarro e sempre diverso che immaginava Orwell nel suo distopico 1984 e voglio rivedere quanto é grigio il cielo di Londra.

lunedì 22 ottobre 2012

Pet Shop Boys - Elysium


Sono davvero troppo di parte. Amo i Pet Shop Boys cosí come si ama la propria giovinezza...malinconicamente. Ho già scritto un post dedicato alla loro gloria degli anni 80 qualche tempo fa. Ma ho deciso di scriverne un altro per parlare del loro ultimo disco uscito il 17 settembre scorso. Si chiama Elysium e da molti critici é stato definito come un disco di atmosfere 'Losangeline' e dunque, oltre che per devozione al gruppo, proprio per questo l'ho atteso e ora lo possiedo. La mia malinconia infatti, oltre che estendersi alla mia giovinezza, é parecchio alimentata dalle cupe sembianze della Los Angeles contemporanea. In effetti, l'unica cosa che restava da sperimentare per il duo londinese era quella soffice e melodiosa musica elettronica che adesso si chiama 'chill out'. Risultato? Quasi non li riconoscevo. Di quel piglio genuino e orecchiabile, che caratterizzava la loro natura dance é rimasto proprio poco e anche un po' debolino. Forse ne ho ritrovato qualche briciola in 'Requiem in Denim and Leopardskin', 'Your early stuff', 'Winner' e 'A face like that'. Tutte le altre canzoni sembrano delle canzoni che hanno 'cambiato sesso'.  Sembrano tutte cadute nel loop sempiterno del beat elettronico.
Insomma, forse é solo un disco che devo ancora ascoltare e riascoltare prima di coglierne il vero intento, o forse capiró solo che i PSB volevano deviare dalla strada maestra, ma quello che proprio non riesco a cogliere é come poter coniugare Los Angeles, cioè una delle città piú americane ancorate al nostro immaginario, ad un gruppo che non solo si è formato a Londra, ma che per me in personifica, trasuda e trasfonde Londra già dai primi secondo d'ascolto di ogni loro singola canzone. Dunque cosa c'entrano i PSB con 'Los Angeles'? Sarò tradizionalista, ma preferisco immaginarmeli con una tazza di tè alle cinque del pomeriggio in una affascinante e languida Londra, piuttosto che alle due del mattino in una straniante e alienata LA.
Lode al coraggio e mi risèrvo ulteriori ascolti, perché il talento non tramonta mai.

domenica 21 ottobre 2012

1Q84

 L'ho lasciato sedimentare sullo scaffale della mia libreria per un bel po'. Dopo di quello non mi sarebbe rimasto altro da leggere di Haruki Murakami. Mi ci sono voluti mesi per avvicinarmi a questo che era annunciato come un capolavoro, anzi IL capolavoro del grande maestro.718 pagine, un caleidoscopico scritto, costellato di storie incastrate una dentro l'altra, come scatole cinesi. Uno di quei libri che ho giá battezzato come 'rompicapo'. Difficile da seguire come un labirinto, pericoloso da toccare come una porta a doppio fondo, ma soprattutto surreale. Un omologo 'letterario' di Donnie Darko, ma senza i viaggi nel tempo. Un lieve richiamo ai monumentali intrecci della letteratura russa tanto cara all'autore e un cervellotico e sotterraneo richiamo a 1984 di Orwell. Prima di iniziare il romanzo, ho deciso che non avrei letto nulla riguardo alle possibili interpretazioni che hanno addirittura dato vita ad altri romanzi e saggi per spiegare 1Q84. Non volevo essere influenzata da niente e nessuno, ma questo mi é costato fatica nel seguire l'intento, la grande metafora partorita da una mente che pare non avere piú interesse per ció che delimita il reale dal surreale. Forse in questo é sempre stato il genio dell'autore, che spero quest'anno venga premiato con il meritato Nobel.
Per quanto riguarda la storia c'é solo da capire una cosa: l'amore é il filo conduttore di tutto, ma quel filo conduttore é un filo invisibile o forse un cavo carico di elettricità, o magari, sebbene siamo nel 1984, una connessione virtuale tra la terra e la Luna e la sua gemella.
Non pensate di potervi perdere tra le settecento pagine, vi ritroverete, come si ritrovano Romeo e Giulietta...sotto mentite spoglie, in un mondo parallelo.