MATRIOSKla

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giovedì 23 ottobre 2014

La grande sfida - Michael, Goran, Ivan e John

Sabato 18 ottobre sono tornata per un momento negli anni 90. Alcuni dei miei amici del tennis sono venuti a trovarmi a Milano. Non eravamo soli. Ma ho pensato che un po' di compagnia, per guardare un paio di match di tennis vecchio stile, non sarebbe stata male. Quindi, insieme a me al Forum di Assago verso le quattro e mezza del pomeriggio c'era un bel po' di gente a vedere come se la cavavano quattro eroi della racchetta.

Uno si chiama Michael, è un ragazzo cino-americano nato nel New Jersey, che ha vinto un importante torneo di tennis sulla terra rossa a Parigi nel 1989, di cui ora mi sfugge il nome ...mmmhhh...Diventò piuttosto noto nell'ambiente perchè vinse una memorabile partita di semifinale in preda ai crampi, con l'aiuto di un casco di banane e un imprevisto colpo di servizio 'dal basso', che sorprese l'avversario. Tale fu lo stupore, la lotta disperata e il clamore intorno a lui, che poi diventò davvero uno dei più forti tennisti in circolazione. Adesso, mi ha parlato della sua nuova carriera. Fa l'allenatore e ogni tanto se va in giro per il mondo, partecipa a dei brevi tornei di campioni, entra negli stadi ballando e si diverte a ripercorrere il suo passato.

Il signore un po' più appesantito che fu proprio l'avversario battuto da Michael in quel torneo francese, ha qualche anno in più. Ma la nostra amicizia ha un sapore speciale perchè nacque tanto, tanto tempo fa. Io ero piccola, avevo circa dieci anni e lui già era il tennista numero uno al mondo. Mi sentivo molto fiera di avere un amico così. Si chiama Ivan. Sapete...uno di quelli che per primo si comprò, negli anni 80, una racchetta da tennis non di legno, con una forma strana. Uno proprio figo con un fisico atletico da fare invidia e un fare da duro e misterioso tanto quanto la sua fuga dall'allora Cecoslovacchia comunista. Adesso ha i pettorali che lasciano un po' a desiderare, ma il fondoschiena per l'insù è sempre lui, solo n po' più 'nutrito' direi. Tra i suoi passatempi c'è il golf, che gioca insieme alle sue cinque figlie femmine nei verdi campi del Connecticut.

Il terzo dei miei amici si chiama Goran, è nato a Spalato ed è il più alto di tutti. 193 cm di potenza, un servizio che gli ha fatto vincere un certo torneo sull'erba, in un posto con un nome buffo vicino a Londra...ora mi sfugge come si chiami...però, so per certo che nel 2001 baciò una bellissima coppa dorata e l'alzò al cielo. Ora vive a LA e se la spassa con il suo ancora potente servizio, tanto che qui a Milano ha vinto la grande sfida tra i miei amici.

E infine c'è il mio miglior amico tennista, il suo nome è John.Qualche volta lo chiamo Mac. E' americano di New York. Mi ha insegnato a giocare a tennis, da lui ho imparato che cosa sia una volè, una vera volè. Quando mi insegnava a fare quella di rovescio si arrabbiava spesso, molte volte mi urlava dietro come un matto e spaccava le racchette e se qualcuno lo contraddiceva era meglio non essere nei dintorni in quel momento. Di solito non riusciva a prendere sul serio gli arbitri, ma lui era John. IL. Tennis. Ora non ricordo quante partite abbia vinto, perchè era tanto tempo fa. Quando ancora si giocava con la racchetta di legno, si indossavano le fasce di spugna per detergere il sudore sulla fronte e le magliette erano aderenti e infilate dentro ai pantaloncini corti quasi fino all'inguine. Quando ancora il tennis era un'arte e il mio amico John era il numero uno...












































































































sabato 18 ottobre 2014

I sotterranei di Londra - Peter Ackroyd

Non ne avevo la minima idea. Non pensavo che tanta vita e tale storia, quella vera, quella dell'umanità, si riversassero nel mondo sotterraneo londinese. Sempre affascinante Londra. Affascinante leggere delle sue parti nascoste, delle sue intime oscurità, della sua natura caduca e delle sue innumerevoli rinascite. 'I sotterranei di Londra' è una lettura insolita riguardo a qualcosa a cui non si pensa mai: cosa sta sotto i nostri piedi? Che cosa nasconde il sottosuolo? Poche pagine in cui si raccolgono le segrete nefandezze della peribilità dell'uomo, una piccola chicca per curiosi. Un ultimo capitolo inquietante, a metà tra la verità e la leggenda letteralmente metropolitana. Peter Ackroyd come sempre possiede una conoscenza di cui mi domando e ne ammiro l'origine. Un biografo eccezionale di una megalopoli immortale.

Una reliquia dell'Aeroflot

Tra i libri, gli oggetti e i souvenir russi in mio possesso ho ritrovato, qualche giorno fa, una vera e propria reliquia dell'era sovietica. Uno dei premi che la mia professoressa di russo del liceo era solita elargire in cambio di una buona performance linguistica, durante le sue ore. Peccato non saperne molto. Se non che, a quel che si legge, potrebbe trattarsi di una sorta di gadget proveninete dall'Aeroflot del 1989. Ricordo che nei gloriosi anni 80 molte compagnie aeree usavano regalare qualche ninnolo pubblicitario come ringraziamento e invito a viaggiare di  nuovo con loro. Dunque potrebbe essere qualcosa del genere. Una piccola reliquia misteriosa. Una raccolta di cartoline illustrate con tanto di breve ricetta in russo e in inglese dei principali piatti sovietici, dal vinegred, allo scij, ai pelmeni
Come sempre sorrido dell'arrancante tentativo sovietico di stare al passo con le usanze dell'occidente, della loro personale interpretazione della grafica e dell'estetica di packaging e manifatture del tempo. Una reliquia che mi ritrovo tra le mani in ricordo di un passato che adesso appare fiabesco e ingenuo, quell'ingenuità che era necessaria ad accrescere il mito delle super potenze Usa e Urss e della loro Guerra Fredda...

Syrniki in forma di anniversario

Ieri 17 ottobre era una data speciale. Quattordici anni fa mi preparavo a partire per un lungo soggiorno a Mosca, che doveva durare un mese e poi ne durò ben quattro. Di tanto in tanto, mi ricordo di quel giorno e mi metto a 'celebrare' la partenza. Mi piace ricordare l'autunno moscovita, ancora mite e carico dei profumi e dei presagi dell'inverno. Questa volta l'ho fatto preparando i syrniki, dei dolci russi simili a frittelline grandi come una moneta d'oro. Il loro nome prende origine dalla parola russa syr che significa formaggio. Ho cercato in rete qualche ricetta 'rinnovata', come spesso capita di apostrofare tutto quello che di russo ha appartenuto al periodo sovietico e che si vuole riadattare ai gusti e ai tempi moderni. Poche sono le ricette che propongono la preparazione dei syrniki con il vero formaggio russo. Forse perchè non è facile da trovare. Si chiama tvorog. Io l'ho comprato in un negozio russo di Milano. In alternativa, le comuni ricette prevedono l'uso della ricotta.
La parola tvorog in russo significa 'cagliata' e da qui il nome del formaggio stesso. La sua origine e il suo utilizzo nella storia russa sono antichissimi e quasi sconosciuti. Si dice che già nell'antica Rus' si preparasse e producesse questo formaggio e, che sia ricchi che poveri, ne consumassero abitualmente. I governatorati di Jaroslav e Rjazan nel I secolo d.c. furono i migliori produttori di questo formaggio. Come Vladimir Dal, famoso linguista, sottolinea nel suo monumentale dizionario ragionato della lingua russa, la parola trae origine dal verbo russo tvorit che signifa 'creare', 'produrre'. Ancora oggi, nonostante la natura del prodotto sia uguale a quella dei più comuni latticini e formaggi, in russo si usa chiamarlo tvorog e non semplicemnte formaggio, per distinguerne la particolarità e la peculiare lavorazione. E' così che sono nati nella tradizone della cucina russa questi 'antichi' dolci, con un sapore acidulo e intenso, addolcito dallo zucchero e dalle uova. La cucina russa ha una sorta di predilezione per quel retrogusto di acidità che certi piatti tipici portano con sè. Basti pensare all'uso della panna acida, o smetana, su tutte le zuppe più famose o il kefir simile al nostro yogurt magro, ma con un sapore molto, molto più 'sincero'.

Ingredienti

350 gr Tvorog o ricotta
4 tuorli d'uovo
75 gr di farina
40 gr di zucchero
Una presa di sale
Burro fuso

Preparazione

Versare in un recipiente il tvorog (oppure la ricotta ben sgocciolata) e aggiungere ad uno ad uno i tuorli d'uovo. Sempre mescolando, unire la farina, il pizzico di sale e lo zucchero e continuare a rimestare fino a raggiungere un impasto amalgamato e solido.  Di questo impasto, farne 3/4 palle da stendere su della carta forno leggermente infarinata. Creare poi dei piccoli cilindri lunghi almeno otto centimentri e di uno spessore di due. Lasciarli avvolti nella carta forno e metterli a refrigerare per 40 minuti circa.
Una volta compatti, tagliare dei piccoli pezzi dai cilindri e lavorarli per farli diventare rotondi, mantenendo lo spessore di due centimetri. Una volta pronti, friggere in padella con burro fuso e adagiare su carta assorbente.



sabato 11 ottobre 2014

Gli occhi di Stalin - Gian Piero Piretto

Chissà come sarà stato guardare negli occhi di Stalin. Chissà come sarà stato guardare con gli occhi di Stalin. Chissà cosa pensavano quegli occhi quando vedevano il paese dei soviet nascere proprio solo con un cenno di quelle fonde, scure pupille. 'La cultura visuale sovietica nell'era staliniana' recita il sottotiolo di un altro piccolo grande capolavoro di analisi della società realsocialista dello scorso secolo. Una lettura per chi non ne ha ancora abbastanza di sapere che cosa vagava misteriosamente per la testa del grande dittatore, per cosa andavano a morire decine di migliaia di deportati cittadini, per capire quanto davvero si poteva credere in un'idea che avrebbe costruito un'altra realtà in favore di una nuova specie umana, quella dell' homo sovieticus. Piretto, con profonda conoscenza di fatti, misfatti e subrealtà, guida il lettore in un'analisi appassionante e incredibile, di un passato ormai stupefacente tanto è ormai inverosimile agli occhi del nostro tempo. Occhi che non hanno visto Stalin.

Sigarette sovietiche da collezione

Alcune le ho fumate. Altre le ho tenute solo come reliquie dell'epoca sovietica, non ho osato nemmeno aprire il pacchetto per paura di non trovarle più in giro. Adesso fanno solo parte di una piccola collezione di pacchetti di sigarette che hanno appartenuto alla storia dell'Urss. Non era cosa da poco riuscire a fumarle. Io sono riuscita a sopportare soltanto le Kosmos e le Soyuz Apollo durante i miei viaggi a Mosca. Le sigarette sovietiche sono e sono state tra le più forti in circolazione. Prendiamo le Belomorkanal, per esempio. Più che sigarette sono papirosy, cioè pochi centimetri di tabacco avvolto in una cartina che termina in un bocchino di cartone privo di filtro. 
Certamente bizzarre, tanto quanto l'impresa storico geografica che ha dato loro il nome. Nel 1931, Stalin diede ordine di costruire un canale che unisse il Mar Bianco al Mar Baltico. Nella costruzione morirono decinie di migliaia di prigionieri dei Gulag, ma per ricordare e celebrare quest'impresa che si realizzò secondo le previsioni del piano quinquennale, Stalin decise di dare il nome del canale costruito alle sigarette sovietiche più fumate del paese a quel tempo.

Anche le Soyuz Apollo sono sigarette 'storiche', oltre che pressochè introvabili. Nel 1975, nel tentativo di distendere i rapporti tra Usa e Urss in piena Guerra Fredda, fu concepita una missione spaziale comune tra i due paesi. L'Unione Sovietica ricordò il momento con la realizzazione di pacchetti di sigarette che raffiguravano sul fronte il volo della navicella spaziale nello spazio. Simile sorte ebbero le Kosmos, che ricordavano le grandi conquiste dei cosmonauti sovietici. Tra le altre introvabili anche le Prima e le Stalinskie.