MATRIOSKla

MATRIOSKla

sabato 30 novembre 2013

The XX - Xx



Gli XX escono con Xx, il loro disco d'esordio, nel 2009. Si fanno notare al 'Reading e Leeds Festival' per la loro vena ambient, per quell'inclinazione alla trance ipnotica, per il gusto di una musica notturna, chiusa a metà tra le corde vocali di una straordinaria, dolcissima vocalist come Romy Madly Croft e le pareti di una stanza di un giovane a metà tra le turbe post adolescenziali e i primi impulsi alla caduta in amore.
Individuare le track migliori è sempre questione di prendersi qualche tempo e qualche ascolto in più. Nella mia mini top list, metto 'Infinityì al primissimo posto e a seguire 'Stars'. 
Gli XX sono usciti con un secondo disco nel luglio del 2012 intitolato 'Coexist', dove a mio modesto parere sono un po' calati, o meglio, dove l'attenzione su specifiche canzoni decresce e diventa più difficile individuare qualcosa che rimanga nelle orecchie se non dopo molti ascolti. Di certo trovo questi nuovi gruppi i primi apripista per nuove ispirazioni, una musica da capire e oltremodo nuova; ottimo segno in un mondo musicale sempre meno foriero di novità.

London Grammar - If you wait

Non so perchè nonostante le mediocri critiche che ho letto di questo disco, a me piaccia così tanto. Certo,  'If you wait' non è il disco dell'anno e non è un disco per tutti. Sicuramente non ci sono picchi d'eccellenza, le canzoni si assomigliano tutte abbastanza, ci vogliono ripetuti ascolti per distinguere quelle migliori. Manca di varietà e, come ho letto sulla mia bibbia musicale inglese 'Any decent music', sta a cavallo tra il tormentoso e il noioso. Ma rimane un disco d'atmosfera, intimo. Uno di quei dischi che si possono continuare ad ascoltare per sempre con la massima disattenzione e quindi tenere in sottofondo per fare altro, oppure uno di quei dischi da assaporare piano piano in tutta tranquillità e con la massima attenzione, per conoscerlo, capirlo. Per esempio mentre si è in viaggio, mentre si guarda fuori dal finestrino di un treno o di un aereo, mentre si sogna di essere altrove. Altra peculiarità: la splendida, algida e profondissima voce della cantante Hannah Reid. 
Direi anche matura, nonostante la giovane età e nonostante 'If you wait' sia solo l'esordio di un trio britannico che si è conosciuto all'univeristà di Nottingham e che ora sta di base a Londra. Tra le mie tracce preferite metterei 'Hey now' e 'Metal&dust' per la loro orecchiabilità e 'Strong' (che mi ricorda in minima parte 'Trouble' dei Coldplay), ma quella che mi ha rapito è 'Nightcall' per la sua capacità di evocare mentalmente eteree scenografie britanniche. Un gruppo da tenere d'occhio.

venerdì 29 novembre 2013

Heathrow - BBC documentary

Sempre a proposito di viaggi, sempe a proposito di Londra, ma soprattutto a proposito di una'altra delle mie più inspiegabili passioni, ho trovato un documentario della BBC sui segreti dell'aeroporto di Heathrow. Per chi ama il genere, il documentario offre una 'passeggiata' nel piazzale dell'aeroporto, fino ad arrivare a vedere come è fatto un aereo dal di fuori, che cosa fa un agente rampa insieme al pilota prima di affrontare un nuovo volo. Ma anche che cosa succede nella torre di controllo quando partono e arrivano questi mostri metallici che sono gli aerei di tutto il mondo, come opera un controllore di volo e per quanto tempo il suo cervello può farlo (19 minuti...solo?) e quanta importanza ha madre natura, sotto forma di condizioni atmosferiche sulla riuscita di un decollo e di un atterraggio. Come sempre, affascinante aeroporto. Terra di nessuno e di tutti. Heathrow...un piccolo satellite dal moto inarrestabile.




Londra - M. Maffi

Dettagliato e scorrevole, appassionato e letterariamente attendibile. Un'insolita guida di Londra, un po' romanzata, un po' biografica, un po' malinconica, che sto divorando di pagina in pagina. Niente a che vedere con le guide stile Lonely Planet. Lungi dall'essere turistica e consumistica, l'autore ci guida attraverso la città, cercando di darne una descrizione accattivante e sincera, storica e panoramica. Direi che leggere questa guida mi sta dando la stessa sensazione di guardare la radiografia toracica del posto: se ne intravede lo scheletro, si riescono a contare le vertebre, si capisce come si congiungono i quartieri e le zone più famose, come si può vedere un'articolazione ossea. Manca solo una cosa, entrarci dentro, andare sul posso, spolparne la carne, esplorarne le pieghe e gli anfratti ancora poco visibili e sconosciuti e soprattutto poggiare i piedi sopra il suo cuore, quello che non si riesce a vedere, ma che certo palpitante com'è Londra, non si può far altro che sentire. Ottimo compendio e spunto per approfondire la conoscenza, immensa, illimitata e sconfinata di una città sprofondata nella storia,  grazie alla generosa condivisione dell'autore di tutto ciò che rigurgita in questo prezioso libretto. Mi ha ricordato un po' la 'Praga magica' di Ripellino, con molti meno fronzoli letterari. 

lunedì 25 novembre 2013

Paul McCartney - NEW

Uomo di talento e inarrestabile. Ispirato. Paulo McCartney. Come si può creare una canzone come 'New' e pensare ancora ai Beatles? Cosa sarebbero stati i Beatles ancora tutti insieme e viventi? Una macchina del pop, una macchina della musica. Di quella vera, però. Come si può chiamare l'ennesimo disco della carriera di un mostro della musica britannica e mondiale 'New'? Eppure si può, eppure si deve, se quando lo ascolti sei interessato, se ancora ti piace sentire quella calda voce un po' blues, se pensi che tra le corde vocali e tra le dita di Paul sono passate centinaia di migliaia, forse milioni di note musicali, ogni volta combinate in maniera originale, diversa, perfetta. Io quest'album lo chiamerei in un altro modo, però. Lo chiamerei 'genio'. 
Ancora, fino in fondo, fino all'ultima canzone, fino all'ultima 'ghost track' Paul mi ha regalato emozioni. Miglior canzone: 'Get me out of here'. E tutte le altre sono eccezionali. Long Live Paul.

domenica 24 novembre 2013

Norwegian Wood - il film

Finalmente sono riuscita a vedere un film che ho rincorso per anni. Finalmente l'ho trovato e me lo sono gustato in giapponese con sottotitoli in italiano. La mia lettura di Norwegian Wood risale a molti anni fa. Era il 2001. E' stato il secondo romanzo che ho letto di Murakami e francamente non ricordavo benissimo la storia, quando ho cominciato a guardare il film. Ma soprattutto non ricordavo affatto che la storia dei due giovani protagonisti Watanabe e Naoko fosse così triste. Ero molto più giovane anch'io quando lessi il romanzo ed era forse un periodo della vita in cui si vive in maniera più totalizzante l'amore, specie quello infelice. Dunque tutta quella tristezza, presumo mi sia pesata meno di quella che mi ha preso guardando il film.
Avere poco più di ventanni e pensare di poter restare fedeli ad un amore contrastato e quasi impossibile sono un connubio perfetto. Forse anche questo è quello che succede a Watanabe che in una Tokyo degli anni 60 si innamora di Naoko, una ragazza tormentata dai sensi di colpa e dalla sua stessa infelicità. Il senso di responsabilità, che comincia ad affiorare quando la vita ti mette il cuore di qualcuno nelle tue stesse mani tormenta Watanabe tanto da fargli credere che quell'amore sia davvero il suo destino. Ma la vita ha in serbo per lui ancora molto, la vita che davvero lui sente scorrere in sè lo libera da ogni afflizione e lo trasforma in un uomo che dovrà continuare per la sua strada nonostante Naoko. 
Una storia che mi ha sempre lasciato perplessa, sia nel romanzo che, ora, dopo aver visto il film. Di certo un film che porta a riflettere, che rispecchia la classica vena cinematografica dei bei film giapponesi, che spesso non sono scindibili dal turbamento dell'animo umano. Film profondo e crudo.

venerdì 22 novembre 2013

Notizie da un'isoletta - Bill Bryson

Già il titolo la dice lunga. Soprattutto sul carattere scherzoso e sarcastico dell'autore. Bill Bryson, americano di nascita, decide di intraprendere un viaggio attraverso tutta la Gran Bretagna, dove risiede da anni con la sua famiglia. Si da il caso che, dunque, quell'isoletta sia niente meno che il Regno Unito e che essa venga messa completamente a nudo dal classico piglio faceto e familiare di Bryson. Si scopre così, cosa sta oltre le solite città inglesi, più ricche e conosciute del sud, come Londra. In un racconto leggero e aneddotico di un viaggio prevalentemente svolto a piedi, Bryson evidenzia le brutture delle città più dimenticate del nord senza dimenticare di trovare anche in esse qualcosa di positivo. Come sempre, la facilità della scrittura di Bryson è accompagnata dall'ironia delle sue faccende private, dai suoi malinconici ricordi del passato e dalle piccole manie che lo spingono a svelare angoli e volti di cui non si sente parlare granchè. Di Bryson ho letto un bel po' di cose e ogni volta mi conquista. Nonostante l'ironia sembri sminuire la sostanza, in realtà ne esalta il lato più umano e ne rivela grandi profondità. In un clima uggioso come quello di queste ultime settimane, leggere della pioggia in un'isoletta prospera e vitale come la Gran Bretagna, aiuta a superare la noia delle grigie giornate di Milano. 

giovedì 21 novembre 2013

Wiped out

'Ripulito, eliminato, annientato, distrutto'. Sono questi solo alcuni degli aggettivi che in italiano descrivono quello che in inglese si dice 'wiped out'. Ed è questa l'espressione che in gergo surfistico si usa per indicare chi viene accidentalmente travolto, risucchiato e inghiottito da un'onda.
A tempi alterni capita a qualcuno, come se la statistica dovesse inesorabilmente continuare a mietere le sue vittime. Che tu sia californiano, australiano, sudafricano o altro, non importa. Prima o poi un'onda ti farà suo. Quello che verrà dopo, dipende da te. 
Chissà che cosa pensava Kirk Passmore quando scrutava l'oceano dalle vette del vulcanico paesaggio hawaiano. Forse pensava che un'onda non è una vera onda, se non ti travolge stravolgendoti, che un surfista non è un vero surfista se non ha provato almeno una volta che cosa significhi essere 'ripulito'. E forse pensava che la sfida con la forza della natura più feroce del pianeta, come quella dell'acqua, non avrebbe avuto lo stesso valore e lo stesso sapore, se non fosse stata leale. E dunque per questo motivo Kirk, quel 15 novembre in cui ha trovato la sua onda e in essa avvolta ha trovato anche la sua morte, aveva deciso di non indossare il giubbotto di salvataggio. Ma, accidenti quanto gli è costato. Quell'ultima onda gli è costata tutta una vita, gli è costata tutte le lacrime degli occhi di suo padre che lo guardavano dalla spiaggia nel famoso spot di North Shore sull'isola di Oahu, Hawaii. Se ne va un altro esperto surfista che frequentava le Hawaii da quando aveva 14 anni. Se ne va, quasi celebrando la potenza delle tenebre oceaniche che lo hanno 'eliminato' e dopo averlo 'annientato' e 'distrutto', lo hanno restituito alla riva, privo di ogni speranza. Un'onda di 30 metri, in cambio di un uomo di 32 anni.

mercoledì 20 novembre 2013

London and London...

' Quando un uomo è stanco di Londra è stanco della vita, perchè a Londra c'è tutto ciò che la vita può offrire'...Una sacra verità uscita dalla mente di Samuel Johnson. Un aforisma molto popolare, usato e abusato.  Nonostante tutto molto vero, verissimo. 
Non mi sogno nemmeno di elencare tutte le attività, gli eventi e le amenità che i londinesi si concedono vivendo nella loro splendida, ricca e vibrante capitale. Dirò solo che una visita a Londra non è neanche lontanamente sufficiente per apprezzare e scoprirne segreti e virtù, non è abbastanza per poter rubare con l'occhio di una macchina fotografica gli angoli più insoliti e interessanti ,che in ogni dove fanno riemergere alla memoria poesie, romanzi, opere teatrali e musica. Non mi dilungo nemmeno troppo...più che altro pianifico, pianifico il mio prossimo soggiorno tra fumo e pioggia, tra teatri e mercati punk, tra un palazzo reale e un autobus a due piani. Ma soprattutto in un pub dalle finestrelle appannate e il brulicare di boccali, mentre si lascia trascorrere il tempo adagiati su malinconici divanetti di pelle rossa... A presto, Londra. 

sabato 16 novembre 2013

Breaking Bad

Scettica. Parecchio. Ecco com'ero quando ho cominciato questa mia personale ricerca dell'ennesimo perchè ci siano in giro prodotti commerciali, che piacciono sempre al grande pubblico. L'inizio è stato deludente, lento, poco interessante. Ma quando il Dottor Walter White ha iniziato a tirar fuori le sue palline, allora il gioco ha cominciato a farsi interessante. La prima stagione di Breaking Bad l'ho guardata tutta in una settimana scarsa. La seconda l'avrò divorata in cinque giorni e la terza in poco meno di quattro. Sono alla quarta. I giochi sono cambiati, il Dottor White, anche detto Heisenberg, è diventato un duro. La trama è una farraginosa vertigine di eventi, oculatamente tenuti insieme da una sceneggiatura geniale (Vince Gilligan, anche sceneggiatore di X-Files). I dettagli si sono fatti via via sempre più accurati, proprio come un esperimento di chimica, la dipendenza dalla visione convulsa e irrinunciabile si è fatta dura come un cristallo di meth e la fotografia, la regia e le performances degli attori sono quasi da cult.
Anche se non sono ancora arrivata alla fine della grande avventura di un chimico malato di cancro, che diventa miliardario cercando il bene, laddove opera il male, devo dire che questa serie tv merita davvero tutto il successo che ha avuto. Un'ennesima introspezione psicologica dell'animo umano, della società occidentale e del senso dei veri valori divisi tra il bene e il male, la corruzione e gli eccessi. Un viaggio al centro della propria coscienza.

venerdì 18 ottobre 2013

London - E. Rutherfurd

Quanto mi sta costando leggere un libro di 1003 pagine? Quasi niente...ma almeno un mese di tempo. Un tempo sospeso tra la conquista del territorio britannico ad opera dell'Impero Romano, le crociate di Riccardo Cuor di Leone, Enrico VIII, il Globe Theatre di Shakespeare e tutto quello che ancora mi aspetta nelle prossime 400 pagine. Sto parlando della mia ultima 'impresa di lettura' del mese, impegnata a terminare 'London' di Edward Rutherfurd. Per ora, bellissimo. Tanto da avermi spinto con urgenza a scriverne un post, sotto forma di recensione 'in corso' di lettura. Uno di quei libri che ti fa recuperare mille anni di storia, tutta quella mai studiata, amata o capita a scuola, i cui personaggi senti nominare ovunque. Un enorme bigino di storia, raccontato in veste di romanzo storico, nel quale coesistono decine di personaggi discendenti l'uno dall'altro, nel corso dei secoli. Una lettura che ti catapulta in una sorta di macchina del tempo e dal quale talvolta non vorresti più uscire. Quasi mi dispiace dover ultimare queste ultime e preziosissime 400 pagine, di certo mi mancherà vedere in giro quella stupenda copertina, stupenda, come il mistero immortale di Big Ben. Tempo previsto alla conclusione: due settimane, circa.

venerdì 4 ottobre 2013

Vinaigrette russa

Pur sapendo che questo piatto ha differenti versioni, ricordo come la signora che mi ospitava a Mosca mi insegnò a prepararlo. Si tratta di un piatto a base delle più comuni verdure russe, conosciuto con il nome di vinaigrette, che i russi pronunciano viniegred. Gli ingredienti necessari sono:






- barbabietole
- patate
- carote
- cipolle fresche
- cetrioli sotto sale e marinati

Una volta bollito tutto in un pentolone (ad eccezione di cipolla e cetrioli), tagliate a dadini piccoli, lasciate freddare e mettete in frigo per qualche ora. Pronto.

Uno dei piatti più semplici e forse anche poveri della cucina russa, ma anche uno dei più gustosi e tipici.
Mi piace come il colore della barbabietola stinga su tutte le altre verdure, donando una sfumatura di rosso scarlatto all'insieme, mi piace il pungente sapore della cipolla fresca. Ma soprattutto mi piace ritrovare uno dei più caratteristici sapori e odori della Russia, assaporando i cetrioli salati, che di solito le babushke raccolgono nelle loro dache, preparano in casa e mettono a marinare in grossi barattoloni e che talvolta a Mosca ho visto vendere in sacchetti di plastica ai bordi delle strade. Povere Babushke...in tutti i sensi...tenere vecchiette, imbacuccate per resistere alle intemperie del cielo moscovita, che per pochi rubli vendono i frutti della propria terra fredda e non molto generosa, per arrotondare una misera pensione.

venerdì 13 settembre 2013

La donna bionica e Jimmy Fontana

Nonostante gli anni 60 non siano stati i miei anni (per ovvi motivi anagrafici), penso che la musica italiana di quel decennio abbia, in ogni caso, influenzato la cultura musicale di tutte le generazioni a venire.
Per esempio, prendete me...anno 76, mia madre che mi prende per mano in un pomeriggio di agosto del 1983 e durante un temporale tropicale sull'isola caraibica di Saint Lucia, mi canta 'Il mondo' di Jimmy Fontana...Ecco, anche se avevo solo 7 anni...alle mie orecchie, quella canzone spaccava già. Bellissima.
Ora, con la scomparsa dell'ennesimo mito di quel decennio d'oro della musica italiana, Jimmy Fontana, mi torna alla mente un ricordo ancora più vivo. Il ricordo di una serie televisiva, che negli degli anni 80, conquistò completamente il mio cuore: 'La donna bionica'. 
Ma perchè mi piaceva così tanto quel telefilm, come si chiamavano allora?
Be'...c'è da chiederselo? Siamo in piena Guerra Fredda, gli anni 80 sembravano gli anni in cui anche l'impossibile sarebbe potuto diventare possibile. Dunque si poteva credere che Jamie Sommers, una giovane e affascinante donna, tutta acqua e sapone, potesse avere un orecchio, il bracco destro e un gran bel paio di gambe tutto rigorosamente bionico! Eh, sì, complici la sbruffonaggine e la propaganda antisovietica del tempo, gli Stati Uniti d'America avrebbero, in un giorno poco lontano, potuto costruire l'uomo e la donna perfetta.
Poi...se a questo aggiungiamo che Jamie Sommers era una ex giocatrice di tennis professionista, che facendo paracadutismo, aveva subito un terribile incidente e che i servizi segreti americani di lei ne avevano fatto il primo esemplare bionico, sotto mentite spoglie di un'insegnate del liceo...be'...allora qui c'era già scritta metà della mia vita futura...E dunque come poteva non piacermi un telefilm così?! 
Ora...se a tutto questo, come ad ogni sublime ricordo dell'infanzia che si rispetti, affianchiamo una musica malinconica e dei versi d'amore surreali e struggenti, ne viene fuori una sigla del telefilm, che riascoltata dopo quasi trent'anni, ti fa ancora venire i brividi e le lacrime agli occhi... Soprattutto dopo che quella voce che cantava la canzone se n'è andata insieme a quei tempi pieni di dolci fantasie e speranze...
'Bambola bambina' di Jimmy Fontana, fu la sigla iniziale della prima stagione del telefilm.

I segreti di Murakami - T. Teruhiko

Data la segretezza e la scarsità di informazioni che circolano sul conto di uno scrittore così popolare come Murakami Haruki, perchè astenersi dal comprare un libricino come questo? 'I segreti di Murakami' di Tsuge Teruhiko male non fa. Anche se probabilmente non è un supremo saggio della vita e delle opere dell'autore esso è piuttosto una breve raccolta di notizie su di lui. E' interessante scoprirne gli esordi della sua carriera di scrittore attraverso una rapida ricostruzione della sua vita, dalla giovinezza ai nostri giorni, raccontati da godibili aneddoti e estratti delle sue interviste. I capitoli sono dedicati ai suoi anni di studente, all'incontro con la moglie e all'apertura del suo famoso jazz bar. Si prosegue poi con capitoli dedicati alle curiosità sulle sue passioni per i computer, le penne, gli scrittori e registi preferiti. Ovviamente non può mancare un capitolo dedicato alla sua passione per i gatti. Dal primo storico gatto 'Peter', che diede casualmente il nome al suo jazz bar, fino a quelli che ancora gli gironzolano per casa. Insomma un po' di tutto...un leggero intrattenimento, certamente ricco di spunti, in caso di astinenza da lettura dei suoi romanzi, di cui io ne so ben qualcosa.

mercoledì 11 settembre 2013

I film di Woody Allen


Perchè mi piacciono i film di Woody Allen? Semplice. Perchè parlano alla mia mente. Niente azione, niente avventura, nè erotismo. Ma parole. Pensieri. Manie e spesso anche paranoie. 
Di recente ho visto due film interpretati da Woody Allen. Il primo 'Provaci ancora Sam' del 1972 e il secondo da lui anche diretto 'Misterioso omicidio a Manhattan' del 1993. Godibili da diventar matti, punzecchiati della tipica ironia di Allen e soprattutto sigillati dalla straordinaria alchimia che lega Woody Allen a Diane Keaton. Insicindibili, fobici e in preda alla più assurda paranoia. Sia in 'Provaci ancora Sam' , che in 'Misterioso omicidio a Manhattan' la maestria dialettica dell'intreccio narrativo e la giustapposizione delle scene e dei dialoghi sono impreziositi dalla bravura degli attori nel mettere in bella mostra le loro manie. Impossibile non ritrovare almeno un pizzico di se stessi nei monologhi, nelle ossessioni e nelle debolezze così sottilmente e, nello stesso tempo, ridicolamente raccontate dalla mente dei protagonisti.
Due storie da divano comodo e popcorn, in una serata di pioggia, sognando due grandi città come San Francisco e New York, nelle quali sono ambientate. Guardare questi film a là Allen è come trascorrere una piacevole serata in salotto, circondati da intimi amici.

I piani alti di Mosca - V. Aksionov

Tra le attrazioni più moscovite che si possano visitare nella capitale russa figurano sicuramente le cosiddette 7 sorelle. Cioè i 7 monumentali grattacieli costruiti in piena era staliniana, in stile costruttivista sovietico. Ora, ripromettendomi di tornare prima o poi sull'argomento, non mi dilungherò sulla storia di questi meravigliosi souvenir dell'epoca sovietica, ma vorrei consigliare un libro che in qualche modo c'entra con essi. Si chiama 'I piani alti di Mosca' di V. Aksionov. Pubblicato in Italia nel 2006, è un ottima lettura per chi vuole ritrovare le storie di quella vita formicolante che abitava uno di sette grattacieli. Una bizzarra scrittura, che rievoca le atmosfere misteriose e claustrofobiche delle famose 'case alte' di Mosca.
Vi lascio un piccolo estratto, una chicca per gli amanti del sovietismo:
'No, non somiglia a nulla questa residenza, e non segue nessuno stile urbanistico precedente! E' la residenza unica del nostro unico e grandissimo socialismo! Guarda soltanto che poderosa pesantezza vi è racchiusa, coniugata con la sensazione di un volo inesorabile! Emana un possente significato storico! Non solo puntella le pendici orientali della volta celeste moscovita, non solo cela ai miei occhi la sudicia Taganka, no, insieme ai suoi sei confratelli rappresenta per noi il topos del futuro, la città neoplatonica popolata di filsofi e soldati!' 



martedì 3 settembre 2013

L'ultima favola russa - Francis Spufford


Ma da dove è uscito questo libro? Intendo... Da quale mente, con quale scopo? Da quale scaffale della storia? Come si può divorare un libro di 411 pagine che tratta di società e scienza sovietica, di cibernetica e sistemi di controllo di produzione, di Gosplan e di tutto ciò che il marxismo-leninismo ha prodotto di più noioso? Eppure mi è successo. Il genio creativo di Francis Spufford ha catturato la mia attenzione e, a quanto pare anche quella di molti altri lettori (a dire delle recensioni), raccontando la macchinosa e utopistica idea socialista nell'Urss, dal dopoguerra agli anni 80. Ma ha fatto di più, ha fuso almeno tre generi letterari: il romanzo, il saggio e il manuale di storia. Ha inventato storie di uomini-tipo della Mosca, della Leningrado e della famosa Akademgarodok di Novosibirsk riproducendone fin nel minimo dettaglio, ma anche nell'estrema profondità di fattezze e modi, il pieno spirito sovietico. Leonid Vitalevic, Zoja, Galina, Emil ecc. sono tutti stereotipi della Russia perduta dello scorso secolo, quella che aspettava l'età dell'abbondanza, quella che doveva 'costruire l'idea comunista', quella delle promesse tristemente infrante nel cuore di milioni di gente. Una scrittura capovolta, un punto di vista microscopico e una meticolosità stacanovista rendono questo libro un piccolo capolavoro. Davvero unico.

sabato 31 agosto 2013

Nothing to envy - Barbara Demick

Sempre a Hong Kong e precisamente all'aeroporto...mi sono ritrovata davanti allo scaffale di una libreria dedicato alla narrativa contemporanea cinese. La ricchezza della nuova società cinese, che avevo respirato per giorni girando la città, mi aveva lasciato addosso la voglia di sapere come, da un punto di vista socio economico, questo paese sia riuscito a raggiungere una così forte crescita. Ebbene...a dire la verità, ho dovuto rimandare l'acquisto a data prossima di una lettura che trattasse questo argomento, perchè subito l'immagine del libro che vedete in foto, ha avuto la meglio su di me e sulla mia passione per i regimi totalitari. 
E' bastata la copertina, in questo caso non da poco, per convincermi a comprare il libro. 'Nothing to envy' di Barbara Demick, giornalista americana di base a Seul per il Los Angeles Times, ha raccolto in questo libro storie di alcuni personaggi che hanno vissuto il regime comunista più rigido e degradante della storia nella Corea del Nord di Kim Il Sung prima e di suo figlio poi. Un racconto dettagliatissimo, da brivido. Un resoconto raro e imperdibile della vita in un paese che se osservato dai satelliti spaziali è ridotto a un punto oscuro, poichè non esiste la corrente elettrica, che ha bandito qualsiasi forma di comunicazione informatica, dove internet non esiste e scambiarsi un bacio per strada è proibito dalla morale e dalla legge di stato....qualcosa che tanto mi ha ricordato l'Unione Sovietica, ma ancor più la società orwelliana di 1984, solo che questa non era finzione letteraria, ma un'assurda realtà.

Polvere rossa - Ma Jian

Non potevo leggere, durante il mio viaggio a Hong Kong, un libro più azzeccato di questo!
Conoscevo già l'autore da 'Pechino in coma' e 'Polvere rossa' ha davvero consacrato, per quanto riguarda i miei gusti, l'autore Ma Jian a grande scrittore della Cina contemporanea. Ovviamente una Cina vista dalla prospettiva di un 'disertore', che stanco delle pressioni del partito comunista cinese di Pechino, decide di abbandonare il proprio lavoro di fotografo, la sua famiglia e gli amici, per intraprendere un lungo viaggio attraverso la parte più occidentale del paese. Un cammino catartico e scioccante, che lo vede trascorre tre anni a partire dal 1983, nella miseria e negli abissi di una poverissima e impervia Cina. Gli aneddoti e i pensieri dell'autore sono preziose testimonianze di una vita, di una cultura, di un paese che viene voglia di scoprire in ogni suo angolo più remoto. Sebbene, come nel libro stesso spesso si sottolinea, Hong Kong sia vista come una sorta di paradiso terrestre rispetto al resto dell'enorme paese, ho ritrovato nel libro, nei miei giorni di permanenza, tantissima atmosfera strettamente somigliante a quella della città. Davvero un perfetto connubio tra lettura e viaggio.

Pazzi per i noodles

Dall'esperienza culinaria di Hong Kong ho imparato che...il maiale è davvero l'imperatore della cucina cantonese e che le anatre e i polli fanno un'altrettanta brutta fine. Tutti scuoiati e ben oleati penzolano, come neonati in maniera un po' raccapricciante, dai ganci appesi alle vetrine dei negozi e delle tavole calde sparse un po' ovunque. Spiedini misteriosi, venduti per strada, ai quali non ho osato avvicinarmi (se non per scattare qualche fotografia) e strana muggine simil alghe, raccolta in grandi contenitori di polistirolo, catturano la curiosità del passante straniero. 


Ma soprattutto...gli abitanti di Hong Kong sono pazzi per i noodles!
Variopinte e pittoresche scodelle piene di tagliolini e spaghetti chiamati, come nella cucina giapponese, 'udon', navigano nelle zuppe più speziate della terra. Nella scodella di solito si trovano anche uova sode, porri, pezzi di carne di maiale e alghe. E' davvero impossibile, girando per le strade della città, non imbattersi in negozietti/ristoranti/tavole calde ecc. che preparano ogni sorta di noodles. Un'adorazione quasi maniacale. D'altronde, una fanatica di ramen giapponese come me, sapeva che esso trae proprio la sue origine dalla cucina cinese. Ma mi aspettavo che la classica ciotola di riso la facesse ancora da padrona. Delusione per quel che riguarda la presenza di ristoranti giapponesi a Hong Kong. Pochi e introvabili, misti alla cucina locale. Tanto per ribadire la mania dei noodles, stranamente ho avvistato un ristorante di solo ramen giapponese. 
Presa dalla curiosità di assaggiare la versione noodles istantanei, ne ho presi un paio da portare a casa. Unico problema: quale, delle decine di varietà a disposizione, scegliere...Carino il packaging...

venerdì 30 agosto 2013

Hong Kong...They try so hard...

Hong Kong mi è arrivata incontro come un autobus in pieno volto. Insieme ad essa il calore estivo frammisto a un odore di stantio e a un tasso di umidità pari al 93%. Una bomba al fulmicotone, direi. Speziata e soffocante. Illuminata e fatiscente. Fricchettona e sbracata. Di certo, confusa. Crocevia di esasperata ed esasperante emulazione delle città più trendy di sempre: New York, Tokyo, Londra. Eccola finalmente 'quella-nuova-cino-cosmopoli' chiamata, appunto, Hong Kong. New York, per l'opulenza spiattellata nelle mega vetrine delle più grandi avenues che ricordano la quinta strada più famosa al mondo. Tokyo, per i grattacieli in costante costruzione che costellano il claustrofobico cuore della città e il brulicare di queste teste corvine tutte uguali. Londra, in minuscola parte, principalmente per quella vena anglofona che ti ricorda quanto sia vitale trovare indicazioni in inglese, in un posto affastellato di ideogrammi cinesi al neon. Di Hong Kong rimangono le viuzze abbarbicate in verticale sulla collina a strapiombo sulla baia più spettacolare del pianeta, le facce stanche e inespressive del venditore ambulante ancora appollaiato ai margini della nuova society, che vende dal bottone al rolex (finto). Un meraviglioso panorama che ricalca fin nel dettaglio l'immaginario comune del tipico paesaggio del sud-est asiatico: caligine e giunche sospese sull'acqua torbida, rigogliosa vegetazione tropicale soffocata da un cielo raramente limpido e uno scenario da Apocalypse Now all'orizzonte. Paccottiglia di plastica, plastica e plastica che tenta invano di somigliare all'eleganza e al candore dell'odiato, vicino Giappone. Ci provano, ci provano davvero a diventare il futuro, a somigliare all'occidente, cercano di trovare una propria identità in un mondo che ha già fatto vedere tutto.They try so hard...direbbero gli ormai dimenticati britannici...
Dimenticavo...Macao. Oh my God! Come si può definire tutto ciò sopra descritto arricchito di una manciata di Las Vegas e di Lisbona? A big mess...





















































































































































































Macao...