MATRIOSKla

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domenica 17 aprile 2011

Le mie prime Mizuno

Negli anni '90 andavano di moda le Nike e le Adidas, per almeno la prima metà del decennio ancora resistevano le Reebok. Quantomeno qui in Italia e a Milano. Chi non possedeva un paio di Nike Air Max faceva meglio a nascondere i propri piedi sotto al banco di scuola, tra il casco della moto e lo zaino dell'Invicta. Per chi giocava a basket esistevano le Reebok Pump, con tanto di cuscinetto arancione a forma di pallone sulla linguetta della scarpa a collo alto e infine ricordo le Adidas Gazelle con il loro aspetto retro, a metà tra l'intellettualoide e il trasandato, richiamavano alla mente gli atleti olimpionici dei paesi dell'est europeo. Io camminavo con un paio di quest'ultime ai piedi. Da lì in avanti, citando a memoria, era cominciata l'era della scarpa sneaker, ma soprattutto era iniziata la fine della scarpa 'da ginnastica' o 'da tennis', come le chiamavano i più sofisticati.
Per quasi tutto il decennio degli anni zero si calzavano soltanto Adidas Galaxy, Nike Silver e AsicsTiger Onitsuka, quest'ultime investite da un'ondata di popolarità straripante, quando Quentin Tarantino aveva pensato bene di infilarle al piede della sua cenerentola Uma Thurman abbinandole alla sua tuta gialla a fasce nere, nel celeberrimo Kill Bill vol.1.
Nell'ultimo paio d'anni sono tornati gli 'scarponi', cioè le scarpe tendenzialmente sneaker, ma piuttosto rinforzate, a pianta larga e a collo alto, quelle che negli States chiamano high tops.
Ovviamente da 'sneaker victim' quale sono, più o meno me ne sono comprate di tutti i modelli e di tutte le marche, ma dovevano essere sempre rigorosamente sneaker.

Ora, mettiamo che un giorno di inizio primavera decida di tornare seriamente a correre su strada e che aprendo il mio armadio cominci a cercare il vecchio, dimenticato paio di scarpe 'da ginnastica'. Di tutto quello che il mercato ci ha imposto e che io da vittima ho comprato, sono riuscita soltanto a ritrovare il mio paio di New Balance 572 di camoscio blu con la 'N' rosso fluo, che vagamente ricordano qualcosa con cui correre e che vengono classificate come scarpe da 'running'.

Risultato: dopo un mese di corsa più o meno assidua, con la caviglia e il ginocchio destro dolenti, decido che mi resta solo da 'correre ai ripari'. Acquisto una copia di 'Runner's world' e trovo un indirizzo magico. Un negozio di Milano, non lontano dalla stadio di San Siro, vende solo scarpe da runners. Ieri pomeriggio ero già lì, pronta per un acquisto salvapiedi e salvaschiena per i miei allenamenti: Mizuno Wave Rider 13.

Se soltano qualche anno fa, il nipote del signor Rihachi Mizuno, fondatore dell'omonima azienda giapponese in vita dal 1906 e situata ad Osaka, in qualità di attuale presidente del marchio mi avesse proposto una sua scarpa, gli avrei riso in faccia. Mi sarei ricordata dell'obbrobio di maglietta Mizuno, che nel 1992 indossava Ivan Lendl insieme alle scarpe, che lo avrebbero reso testimonial di questo brand fino alla fine della sua carriera. Al massimo gli avrei chiesto se fosse esistita una sneaker tra i loro prodotti, ma mi chiedo se qualcuno ne abbia mai vista o comprata una, dato che questo nome è legato ad alcuni dei modelli migliori (se non i) di scarpe da running. Quasi brutte da abbinare ad un paio di jeans, ma meravigliosamente comode per correre i miei primi 7 chilometri e 400 metri in 45 minuti.

Se prima correvo sulla terra, adesso mi chiedo come mai mi sembri di correre nell'aria.

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