MATRIOSKla

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giovedì 27 ottobre 2011

Gorkij Park - film

La penna di Martin Cruz Smith ha dato spesso vita a storie e romanzi memorabili. Solo per citarne uno 'Il nostro uomo a l'Havana' e ovviamente il cult Gorkij Park.
Ma in questa sede vorrei ricordare il film di Michael Apted, che negli anni 80 - la sua uscita esatta è del 1983 - fu un thriller piuttosto riuscito. 
Ricordo di aver visto questo film per la prima volta alla tv pubblica e successivamente su uno dei due canali a pagamento di telepiù in un grigio sabato pomeriggio del 1993. In quest'ultima occasione, l'annunciatrice del film dava alcune brevi notizie relative al film e ricordo che mi colpì apprendere che le scene in esterno erano state girate in Finlandia e Svezia, perchè a quei tempi l?unione Sovietica non permetteva riprese del proprio paese da parte di produzioni occidentali, a causa della guerra fredda.
Dunque nonostante questi impedimenti non trascurabili, non essendo stata, a quei tempi, ancora in Russia, identificai alcuni posti del film con la vera Russia che, nel lontano 1993, soltanto sognavo.
Prendiamo il parco della 'cultura e del riposo', Gorkij appunto, come lo chiamano i russi. Nel film esso è teatro del macabro ritrovamento di tre cadaveri sfigurati nel cuore di Mosca. Viene rappresentato come una desolata distesa di ghiaccio, adornata da una scarsa illuminazione notturna e da una casetta dotata di altoparlanti dai quali si propaga 'Il lago dei cigni', azionati dalla tipica babushka - anche se sarebbe meglio chiamarla dzhurnaja - durante il giorno. Quando poi, a distanza di molti anni vidi con i miei occhi il vero Gorkij Park rimasi delusa, anche se dovrei dire ammirata, dal senso di giovialità che il parco trasmette sia d'estate che d'inverno. Certo, erano passati quasi vent'anni dal tempo in cui gran parte del mondo occidentale, il vero Gorkij Park si poteva solo ipotizzarlo mentalmente. ed erano passati almeno 3 governi dalla caduta del comunismo.
Anche l'investigatore capo Arkadij Renko era un frutto perfetto della fantasia e dell'immaginario collettivo; non solo di M.C. Smith, ma anche di tutti noi spettatori.
Renko, protagonista del film, interpretato da un magnifico e statuario William Hurt ha il volto emaciato, il colbacco con la stella rossa appuntata in fronte e nonostante la sua alta carica, vive dimessamente in uno squallido appartamento moscovita e si muove per la città con una sgangherata auto di servizio della polizia: uno dei modelli Lada.
Avvezzo all'alcol e alla provocazione agisce con pochi amici al fianco, all'oscuro di una macabra macchinazione inscenata per nascondere un traffico illecito di pellicce di zibellino, orchestrata dal corrotto capo della polizia sovietica Pribluda, il KGB e il commerciante americano Jack Osbourne.
La placida stuzia di Renko intuisce in quest'ultimo il possibile assassino, il quale, forte dell'appoggio dei suoi complici corrotti, tratta Renko con sufficienza e intravede in lui la tipica e sonnolenta indolenza sovietica.
Ma è proprio a questo punto che si svolge una delle mie scene preferite. Arkadij Renko incontra per la prima volta in una piscina pubblica Jack Osbourne ed è raggiante come un bambino di fronte al vasetto di marmellata. Per la prima volta nella sua vita, infatti, Renko vede un americano in carne e ossa. E' quasi assurdo pensare oggi che  così come per noi occidentali era molto raro molto raro a quei tempi conoscere un sovietico, la stessa cosa valeva per loro nei nostri confronti.
L'ingenua arrendevolezza che arriva agli occhi di Osbourne, che vede Renko fingere di brancolare nel buio, fa dire a quest'ultimo una frase che per molto tempo ho fatto mia: 'la pazienza offre grandi doni ai suoi adepti'. Questa frase corona magnificamente questa intima scena, che vuole mimare l'abitudine dei sovietici a trascorrere i loro momenti di riposo nelle calde piscine pubbliche. Non a caso a Mosca, ai tempi dell'Urss, sorgeva una piscina all'aperto, riscaldata d'inverno, che adesso è stata completamente smantellata e al suo posto si erge la magnifica basilica del Cristo Salvatore.
Infine, la figura di Irina, ingenua ragazza nata in Siberia, caduta nella rete di Osbourne e combattuta tra l'amore appassionato di Renko e i soldi dell'americano, è la chiave di tutto fino a quando, come da soliti stereotipi, scapperà dal suo paese per fuggire all'estero e tradire la sua patria.
Un bel thriller da gustare e osservare, per scorgere tra gli sforzi immaginifici del regista tutti gli accenni ad un mondo misterioso ormai scomparso.

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