MATRIOSKla

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mercoledì 25 gennaio 2012

Surfer Magazine

La mia prima rivista di surf specializzata l'ho letta nel maggio del 2009. Si trattava di Surfer, che viene considerata una sorta di bibbia del surf. E' davvero una pacchia sfogliare le pagine di Surfer. Di solito si comincia con un bel po' di pubblicità, che all'inizio mi infastidiva, perchè mi pareva che un terzo del volume fosse già stato sprecato. Poi, ho cominciato a prestare attenzione ai prodotti pubblicizzati e mi sono appassionata alla moda 'urban-surf': camicie di flanella a scacchi Billabong, infradito colorate da spiaggia e da città, sneakers della Vans, felpe della Roxy, orologi Nixon e cuffie per ascoltare la musica della Skullcandy. Insomma uno sciame di merchandise che gira intorno ad uno sport da sogno. Ma la rivista assume la sua veste più tecnica nei lunghi articoli e nelle interviste ai grandi campioni, sulle loro imprese, vittorie e viaggi. Sì, perchè il surf mi ha attirato, soprattutto, per questa meravigliosa attitudine che i surfisti hanno nello scoprire posti incontaminati e remoti, dei quali si sente raramente parlare, almeno qui in Europa. Il viaggio, per un surfista, è parte della disciplina sportiva di cui si occupa. Trovare il giusto 'spot', conoscerne le condizioni climatiche ed atmosferiche, scovare un posto dove sistemarsi per la breve notte che lo separerà dall'uscita all'alba, la cosiddetta 'dawn patrol' e infine godere delle meraviglie della natura che circondano un oceano il più possibile infuriato. Attraverso questa rivista ho scoperto la fotografia estrema e mi sono appassionata, sempre di più, allo scatto del gesto acrobatico dell'atleta, sullo sfondo celestiale di colori e luci immortalati per rendere la bellezza dei luoghi. Dunque, leggere Surfer è un po' come farsi una cultura di geografia e arte grafica allo stesso tempo. Non solo le stupende fotografie corredano la rivista, ma si nota un'estrema cura nella grafica, una costante e innovativa ricerca nell'impaginazione e nella fruizione della lettura.
Qui e là si trovano alcune rubriche d'obbligo per una rivista: l'angolo della posta, qualche pettegolezzo e notizie delle varie competizioni nel mondo.
Quando mi immergo nelle pagine di Surfer, mi immergo in un oceano caldo e allo stesso tempo burrascoso.  Viaggio mentalmente, con trasporto e oblio, verso mete lontanissime. Di certo, un modo per fuggire, per un momento, il grigiore della vita cittadina e lo squallore di paesaggi dove la natura è completamente schiava dell'urbanizzazione.

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