MATRIOSKla

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giovedì 8 dicembre 2011

'Heroes' e il secondo atto della trilogia berlinese

Se 'Low' era stata l'iniziale ipotesi, nell'ottobre del 1977 uscì una sorta di antitesi che portava il nome di 'Heroes'.
La confutazione di 'Low' si ritrovava nel superamento di alcune tematiche oscure, che avevano caratterizzato il primo album della trilogia berlinese di David Bowie.
Quando il cantante richiamò all'ordine Brian Eno e il suo storico produttore Tony Visconti, era il maggio del 1977. Questa volta la sede in cui si sarebbe prodotto il disco e consumato un altro dei grandi capolavori della storia di Bowie era l'Hansa By The Wall Studio 2. Si trattava, in verità, di un'unica spaziosa sala da ballo, usata in passato dalla Gestapo per scopi sociali. Si trovava a soli 400 metri dal Muro di Berlino e dalla finestra il gruppo poteva vedere il cambio della guardia sovietica, in una terra di nessuno, dove erano sepolte mine antiuomo. Il paesaggio berlinese era cupo, industriale, fosco e non stupisce che esso continuasse ad esercitare un'influenza singolare sui musicisti. Non sorprende nemmeno sapere, a questo punto, che uno dei versi più celebri della canzone omonima al disco 'Heroes' recitasse

                                              I, I can remember
                                              standing by the wall
                                              and the guns shot above our heads

Rispetto a 'Low', da un punto di vista lirico, 'Heroes' torna ad essere più lineare, più tradizionale e narrativo, anche se il consistente numero di pezzi strumentali interrompe questo ritorno. Nonostante le atmosfere e il risultato finale, il disco doveva essere il frutto di un atteggiamento creativo molto più positivo rispetto al precedente. Per questo fu scelto un titolo così trionfale come 'Heroes', perchè lo stato d'animo di Bowie e soci era piuttosto eroico, si sentivano dei veri e propri eroi.
'Heroes' aveva una copertina realizzata da Sukita e ispirata a Roquairol di Eric Heckel, in cui Bowie assume una posa da stralunato, rigido attore tragicomico. Il disco presentava ancora parecchi contrasti interiori di Bowie, la creazione era stata più fluida e meno ostacolata dallo stato d'animo del cantante, eppure i pezzi erano ancora deprimenti, intellettuali e presaghi. I testi erano ancora permeati da un tema che assillava a quel tempo Bowie, cioè l'ubriachezza. Di nuovo c'era solo l'intenzione, ma anche una straordinaria propensione al 'cosmopolitismo' e all'influenza giapponese - che saranno poi esasperati in 'Lodger' - per cui 'Heroes' faceva sembrare quello studio di Berlino come una floridissima scatola sonora. I suoni mediorientali di 'Neukoehln' e 'The Secret Life of Arabia' ne sono un perfetto esempio, come pure 'Blackout'.
Nella storia si ricordano delle critiche eccellenti rivolte a questo disco. John Lennon disse di aver intrapreso la creazione di 'Double Fantasy' ispirandosi a qualcosa di grande come 'Heroes' e gli U2 di Achtung Baby cercarono di ritrovare le atmosfere dello stesso, tornando proprio all'Hansa Studio dell'allora appena scomparsa Berlino Ovest, insieme al guru di sempre Brian Eno.

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