MATRIOSKla

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mercoledì 7 settembre 2011

Great lake swimmers - Ongiara

Quando ho ascoltato per la prima volta questo disco, ho creduto di essere altrove.
Non dov'ero, ma dove mi sarebbe piaciuto essere. Ad esempio, in una foresta, in cammino verso un'impervia meta nel bel mezzo della natura selvaggia. Sarà la natura folk di questo disco, sarà il sound così limpido e sincero, sarà la voce di Tony Dekker femminea e delicata, a metà tra Jeff Buckley e Tom Yorke.
Oppure sarà che sono influenzata dall'origine di questo gruppo canadese di Toronto, che si è scelto un nome tanto cristallino quanto la loro musica: Great lake swimmers. Anche il nome del disco, pubblicato nel 2007, porta con sè una certa curiosità riguardo alla toponomastica legata alle origini geografiche del gruppo. Ongiara, infatti, sarebbe il nome della barca che ha portato la band verso Toronto Island, il posto dove hanno registrato il disco. Ma Ongiara è anche l'antico nome delle cascate del Niagara, che si dice abbia avuto origine dalla locale tribù irochese anche conosciuta con il nome di tribù Ongiara.  
Al primo ascolto si avvia una musica in parte fredda e austera, proprio come un lago calmo, ma minaccioso, che si prepara ad un lungo inverno. Allo stesso modo le prime tre canzoni dell'album: 'Your rocky spine', 'Backstage with modern dancers' e 'Catcher son' sembrano preparare a qualcosa. Tuttavia sono ancora tiepide come il tepore di una baita di legno nascosta in un bosco del nordico Canada. 
Ma poi, tolti i guanti e gli scarponi 'Changing colours' precipita in un letargo ghiacciato simile all'avanzare dell'inverno, così come l'alito ghiacciato del nuovo giorno ricorda il tocco sonnolento di 'There is a light' e 'Put there by the land', la quale, sul finire surriscalda l'ambiente e lascia il passo all'unico momento più caldo, come una tazza di caffè mattutino dopo una gelida notte, in 'I am part of a large family'.

Un disco che evoca atmosfere bucoliche e a tratti ricorda il sound dei Mercury Rev, ma senza la loro proverbiale pomposità. Una musica che, nonostante non chiami in causa la natura direttamente nella sua lirica, sottilmente la rievoca. 'Where in the world are you now', 'Passenger song' e 'I became awake', cioè le ultime tre canzoni concludono in modo soporifero e rassicurante, come una soffice poltrona davanti a un fuoco serale, un disco intimo e malinconico, ampio e lontano come una distesa del misterioso e taciturno nord.

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