MATRIOSKla

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sabato 31 marzo 2012

Maverick's - l'incubo

Quando ho cominciato ad appassionarmi al surf, ho scoperto attraverso documentari e film, tutti i principali break e spot della terra. Sono tre i punti focali attorno ai quali ruotano i grandi contest di surfers professionisti: Hawaii, California e Tahiti. Altri godono di altrettanta ottima fama come luoghi da sogno per ogni surfista, come Bali, Australia e varie isole dell'Indonesia.
Se soltanto i nomi di questi posti evocano il paradiso, ce n'è uno che invece è l'inferno del surf: Maverick. Si tratta di una località situata nella baia di Half Moon a 25 km da San Francisco. Questo break è diventato famoso negli anni 90, anche se la storia dice che un gruppo di surfisti del posto iniziò a surfare in questa zona nel 1961. Si dice anche che il nome Maverick era quello di un cane pastore tedesco dal pelo bianco che seguì il gruppo in acqua. Ma in realtà fu il dicottenne Jeff Clark, che nel 1975 cominciò a cavalcare le gigante onde di Maverick. Con temperature dell'acqua che, in inverno scendono fino ai dieci gradi e onde che arrivano fino a dodici metri, un anno sì e uno no, Clark imparò a fare surf nell'inferno delle gelide e pericolosissime acque scure di questa parte della California del nord. Fu proprio negli anni 90 che Clark fece conoscere a tutti i surfisti di Santa Cruz e di San Francisco questo spot e sebbene lui fosse un 'goofy-foot', cioè una sorta di nostro mancino di piede, imparò a domare le onde diventando un regular-foot, cioè un destrorso, per poter dominare il break di Maverick. Fu così che per la prima volta nel 1992 la rivista 'Surfer' dedicò un servizio a questo spot. 
Purtroppo, molte altre testate giornalistiche come il 'New York Times', 'Rolling Stone', 'Spin' dedicarono interi articoli ad un evento che vide la morte del poco più che trentenne surfista hawaiiano Mark Foo.
Foo, aveva accettato l'invito di Clark ad entrare nelle acque di Maverick. Quel giorno però le onde furono particolarmente impietose e tutto andò storto. Clark dichiarò che Maverick stava a significare che, per quanto si fosse preparati a surfare nelle condizioni più estreme, bisogna sempre ricordare che ci si trovava nel territorio del grande dio Nettuno.
La pericolosità di Maverick e la sua fama di inferno del surf stanno nelle estreme condizioni in cui i surfisti si ritrovano. Per prima cosa, data la violenza esplosiva delle onde, è pressocchè impossibile riuscire a rimanere in acqua per più di 50 secondi mettendo insieme tutte le varie sessioni effettuate con il tow-in, cioè con il traino del surfista attraverso le moto ad acqua. In secondo luogo la natura di questo spot è tristemente nota per le sue acque infestate dal grande squalo bianco, cioè lo squalo più aggressivo che possa capitare di incontrare e, infine, le acque gelide e scure nascondono un reef insidioso costituito da giganteschi banchi di scogli dalle punte taglienti, come se si trattasse di un labirinto sotterraneo dal quale sarebbe difficile uscire vivi, nella sfortuna di rimanervi incastrati. Si pensa che proprio questo sia la causa principale degli incidenti mrotali avvenuti in questo inferno. 
Certo, l'adrenalina e la sfida alla potenza del mare muovono nel surfista estremo il senso di sfida, ma Maverick rimane un luogo destinato davvero a pochissimi surfisti. Per quanto mi riguarda, solo l'idea di mettere piede in quell'acqua scura e infestata di squali mi terrorizza, sarebbe molto bello ammirare le gesta di questi folli surfisti attratti dall'inferno.

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