MATRIOSKla

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venerdì 13 maggio 2011

IL LAUREATO

CLASSICO DEL MESE : film
La trama di questa pietra miliare del cinema americano degli anni '60 è nota a tutti e, forse ai nostri tempi, riassumerla in poche righe potrebbe risultare banale. Per i 'beati' che non hanno visto questo film e ai quali rimane ancora il gusto della sorpresa, non svelerò la trama.
Vorrei solo attirare l'attenzione su alcuni momenti davvero campali della storia.

Innanzi tutto il silenzio. Non parlo della scarsità dei dialoghi, che al contrario abbondano, ma alludo al silenzio 'esistenziale' di Benjamin.
Quando ormai la sua integrità morale viene distrutta dalle lusinghe della Signora Robinson, il silenzio si impossessa di lui. Irretito da una passione travolgente, alla quale i suoi sensi rispondono con un certo cinico automatismo, Benjamin si ritrova isolato: non ha amici con i quali confidarsi, cerca la solitudine palesemente esemplificata dal gesto di chiudere la porta della stanza nella quale si ritira a bere una birra perso nei suoi pensieri. Si autoesclude dalla cerchia dei giusti e crede di appartenere ad una diversa 'casta': quella degli anticonformisti.
Chissà cosa pensava, quando nascosto dietro ai suoi occhiali scuri, fissava completamente immoto il fondo turchino della sua piscina di una villa di Pasadena e, chissà, se anche lui sentiva partire in sottofondo, in un perfetto connubio tra immagini e musica, le note struggenti di 'The sound of silence', o se invece sentiva soltanto quel vuoto esistenziale, il suono del silenzio appunto, che permeava ormai la sua corrotta giovinezza. La muta da palombaro, regalatagli dai genitori, sembra ormai l'unica veste appropriata alle sue apnee mentali, il fondo della piscina è l'unico posto dove può nascondere il peso della sua coscienza, il suo segreto e dove può sbollire il desiderio atavico di possedere una donna più grande di lui.
Ma ben presto il silenzio lascia spazio alla noia e quando il padre gli chiede:


                                      'Che cosa fai Ben, lì in piscina?'
                                      'Vado alla deriva...qui in piscina'

è ovvio che la realizzazione del misfatto sta per assumere le sembianze di una rassegnazione in cui non ha più niente da perdere. Ben, ha perso di vista il suo obiettivo, ha perso la retta via, è alla deriva appunto, è perso, è un disperso, in una comoda piscina di famiglia, non troppo lontano dalla terra ferma in realtà, ma comunque estraneo.

La trasformazione di Ben giunge con l'entrata in scena di Elaine Robinson ed è qui che Ben, attirato dal richiamo di una donna coetanea, ritrova con lei un barlume di decenza, si innamora davvero, anche se il suo amore sembra piuttosto l'attrazione per il nuovo frutto proibito. La sua testardaggine nel rincorrere Elaine, la sua frenesia quasi psicolabile nel seguirla ovunque culmina nel passaggio di Ben alla pura perdizione. Il Golden Gate scivola sotto le ruote della sua spider Alfa Romeo Duetto e lo fa letteralmente transitare nel buio più becero della sua ossessione. Ben diventa un reietto e la famiglia Robinson lo fugge come la peste o addirittura come l'anticristo, come magnificamente trasposto dall'immagine di Ben, che irrompe in chiesa durante il matrimonio 'riparatore' di Elaine, con la croce cristiana fra le mani.

La fine di Ben è un'icona: quando si ritrova seduto nel retro di un autobus cittadino insieme alla sposa rubata, il suo ebete sorriso spento dall'incredulità degli astanti, diventa una smorfia di terrore. Come una bestia, come un incubo lo rode ancora quel silenzio, quel vuoto, quell'insoddisfazione tipica della voracità giovanile, l'insaziabile desiderio di privare la prossima vittima della sua sacralità, senza mai raggiungere un punto di approdo, senza trovare la requie consona ad un'età più matura che prima o poi lo catturerà.

Mi chiedo chi non si sia mai sentito almeno una volta, nella propria vita, un po' Benjamin Braddock. Chi non ha celato segreti e insoddisfazione? Chi non ha desiderato tutto ciò che non si poteva avere? Chi non ha assaporato nella propria adolescenza o giovinezza la volontà di potenza, il megalomane impulso di distruggere un'eredità genitoriale già troppo scontata? Chi non ha mai sperimentato la noia, lo spleen esitenziale? 
Il primo è stato Adamo e l'ultimo, forse, deve ancora calpestare questa terra.

Chiamo questo film 'classico' perchè è una poderosa metafora di un passaggio obbligato nella vita di molti e vorrei sottolineare, che almeno un quarto di questo film è interpretato da una colonna sonora altrettanto magistrale, quella del disco di Simon & Garfunkel 'The Graduate', quanto quella del grandissimo Dustin Hoffman.

Il mio voto a questo film è 10/10.



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