MATRIOSKla

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mercoledì 1 febbraio 2012

Marina Cvetaeva e l'insonnia moscovita

Con questa neve sopra Milano, mi è inevitabile pensare alla mia amata Russia. Mosca è a trenta gradi sottozero in queste ore e oggi, mentre guidavo, lo sguardo mi si perdeva nei campi imbiancati oltre la strada maestra. Di nuovo la taskà mi ha assalito, di nuovo il ricordo di un inverno moscovita mi è passato davanti come un miraggio, dove, al posto della sabbia e del deserto stava adagiata una sottile coltre di bianco.
Ho pensato al mio amore per la poesia russa e a uno dei tanti poeti che ho sempre ricordato con passione.
Marina Cvetaeva.
Quando vai a Mosca, la prima volta, ti colpiscono due cose: l'odore di zuppa di cavoli e salame e lo splendore delle cupole delle cattedrali bizantine, specie quelle del Cremlino.
Mi domando se, nella vita sciagurata di una poetessa triste come Marina Cvetaeva ci fosse spazio nei suoi occhi e tempo nelle sue giornate, per ammirare quello splendore.
Di certo, una delle sue più belle poesie parla proprio di questo: lo splendore nello squallore, nel terrore, nella solitudine. Ogni tanto penso a come il corpo di una preziosa poeta, come Marina, sia potuto essere stato inghiottito dal freddo terreno di un'Unione Sovietica crudele e assassina.
Marina nasce a Mosca nel 1892 e muore a Elabuga il 31 agosto del 1941. Dopo una vita di stenti e di disgrazie, l'oblio, l'inedia, la povertà l'hanno sopraffatta, ma la sua voce ancora risuona ai nostri tempi, così come risuona nei suoi versi magnifici. Chissà forse ogni notte, di quelle insonni delle sue, Marina ancora torna sulla Piazza Rossa innevata, come questa notte e comincia a comporre...


Da me a Mosca le cupole ardono
Da me a Mosca le campane suonano
E sepolcri in fila ci sono da me,
E zarine dormono in essi e zar.


E tu non sai che all'alba nel Cremlino
Più leggeri si respira che su tutta la terra!
E tu non sai che all'alba nel Cremlino
Io prego te - fino all'aurora.


E tu passi sopra la tua Neva
Nel momento che sopra la Moscova
Sto io, con la testa reclina,
E chiudono le palpebre i lampioni.


Con tutta l'insonnia io ti amo,
Con tutta l'insonnia ti ascolto
Nel momento che per tutto il Cremlino
Si vanno svegliando i campanari.


Ma il mio fiume - con il tuo fiume,
Ma la mia mano - con la tua mano
Non s'incontreranno, mia allegria, finchè
L'aurora non avrà raggiunto - l'aurora.

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