MATRIOSKla

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lunedì 20 febbraio 2012

Aleksandr Blok e la Bellissima Dama

L'eterno femminino fu raccontato da un grande poeta russo, Aleksandr Blok,
Nato nel 1880 a San Pietroburgo e morto nella sua città natale nel 1921, egli fu il massimo esponente della poesia simbolista russa del primo 900.
Ho scoperto Blok attraverso Majakovskij. Quest'ultimo infatti,, tra i suoi versi ne parafrasò un paio che mi rimasero impressi per la loro sottile malinconia. Erano rivolti ad una donna, perchè entrambi ne hanno celebrato nella loro poesia, l'ipostasi femminile della divinità, la metafora dell'incontro con la realtà.
Di Blok mi piace come riuscì a scandire i suoi tempi poetici attraverso i colori e come riuscì a distribuirli nei tre volumi, che raccoglievano le sue opere. Il primo volume contiene la sua opera più famosa 'La bellissima dama'; il suo colore dominante è il bianco, nel secondo volume è il blu, che simboleggia l'impossibilità di raggiungere l'ideale desiderato e, infine, nel terzo volume domina il rosso, che contiene le poesie del periodo pre-rivoluzionario. La poesia di Blok è tutta intrisa di amore per la sua donna, la famosa 'Bellissima Dama'.
Tra le tante, vi riporto proprio quella poesia di cui Majakovskij parafrasò i versi e che tanto mi ricordano il tempo perduto, la nostra incredulità di fronte alla realizzazione di un avvenimento che credevamo impossibile.

Il ristorante

Che quella sera sia esistita o meno
io non la scorderò giammai: dall'incendio del tramonto
bruciato e dilatato il cielo pallido,
e il suo giallo, i lampioni.

Sedevo alla finestra nella sala affollata.
Da una parte gli archetti cantavano d'amore.
Ti mandai una rosa nera in un boccale
di champagne dorato come il cielo.

Mi guardasti. Io accolsi turbato e insolente
il tuo sguardo altezzoso e m'inchinai.
Volgendoti al tuo cavaliere, con asprezza voluta
dicesti: 'Anche quello è innamorato'.

E subito in risposta le corde esplosero,
gli archetti intonarono frenetici...
Ma mi mostravi tutto il tuo disprezzo giovanile,
e il tremito della mano appena percettibile...

Ti gettasti col moto di un uccello impaurito,
passasti leggera come il mio sogno...
Esalasti i profumi, le ciglia si assopirono,
sussurrarono ansiose le sete.

Ma dal fondo degli specchi mi gettavi sguardi
e nel gettarli gridavi: 'Afferra!...'
E la collana tinniva, la zingara ballava
e gridava al crepuscolo canti d'amore.

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